I rendimenti deludenti dei mercati nel 2022 e in parte del 2023 stanno mettendo alla prova le convinzioni di molti investitori, che si trovano ora con tante domande – e poche risposte – sulla correttezza della composizione del loro portafoglio.

Il pensiero di molti investitori è: “Devo cambiare qualcosa, perché così non va”. Ma il problema è che qualsiasi cambiamento si attui adesso è dato dal guardare ai rendimenti passati anziché alle potenzialità di quelli futuri. 

E questa può essere una strategia dannosa, perché si investe costantemente guardando nello specchietto retrovisore, perdendo di vista la strada davanti a sé.

Non c’è niente di sbagliato nell’essere attenti alla propria asset allocation, ma lo si deve fare con gli occhi ben aperti sui compromessi e sui rischi annessi e connessi. Proprio per questo è bene avere un quadro chiaro della situazione e delle possibilità.

Mercato obbligazionario ribassista: cosa accade?

Il mercato ribassista delle obbligazioni, iniziato già sul finire del 2021, ha indotto numerosi investitori a ricalibrare le loro aspettative di rendimento rispetto alla componente obbligazionaria.

Nel 2022:

  • la maggior parte degli ETF (e fondi attivi) obbligazionari ha perso tra il 10% e il 15%
  • i fondi obbligazionari a lungo termine hanno perso anche più del 20%. 

Sono valori che ci appaiono del tutto normali, se pensiamo che tante obbligazioni hanno visto il loro prezzo crollare del 20-30-40%, in un solo anno.

Insomma, se si conoscono le obbligazioni e si è consapevoli di come sono inserite nel portafoglio, questi dati non dovrebbero stupire. Eppure molti investitori sono stati presi in contropiede da questi cali del comparto obbligazionario.

Un altro aspetto da valutare è che i rendimenti non si stanno comportando come ci si aspetterebbe. Di solito, infatti, chi investe in obbligazioni a lungo termine ottiene un premio di rendimento, rispetto a chi investe in quelle a breve scadenza.

Eppure non sta andando così. Cerchiamo di analizzare ciò che accade partendo dai dati.

2 esempi sui rendimenti delle obbligazioni

Guardiamo i rendimenti dei BTP, ovvero i Buoni del Tesoro Poliennali (obbligazioni a medio-lungo termine emessi dal Dipartimento del Tesoro), in Italia:

Una prima riflessione che possiamo fare è: vale la pena investire a 15 anni anziché a 1 anno per guadagnare solo lo 0,80% in più? Quasi tutti risponderebbero di no.

C’è, però, un quesito ancora più interessante: se tra 1 anno i tassi saranno più bassi, non sarebbe meglio garantirsi un tasso elevato per 15 anni, anziché reinvestire a un tasso inferiore tra 12 mesi? Un’osservazione molto corretta.

Oltre oceano, negli USA, la situazione è ancora più paradossale:

Negli Stati Uniti, come vediamo, le obbligazioni con scadenza breve rendono addirittura di più di quelle a lunga scadenza

Si evidenzia, così, in modo chiaro la definizione di “curva dei rendimenti invertita”, ovvero la linea curva che identifica i rendimenti di una stessa tipologia di obbligazioni con diverse scadenze. 

Solitamente i rendimenti delle obbligazioni a breve scadenza hanno rendimenti più bassi rispetto a quelle a media e lunga scadenza e generano una linea curva tendente verso l’alto. 

Una curva dei rendimenti invertita, invece, ci dice che i rendimenti a breve termine sono più elevati di quelli a media e lunga scadenza.

Proprio guardando agli USA e a questi valori, possiamo trarre uno spunto interessante.

Cos’è il Flight to Quality in finanza?

Nelle fasi di maggior difficoltà sui mercati azionari, di solito, gli investitori mettono in atto un comportamento chiamato Flight to Quality. Con questa espressione si indica la vendita degli asset più rischiosi (generalmente le azioni) e l’acquisto degli asset di maggiore sicurezza e qualità. 

La conseguenza di questo approccio, pensando all’esempio appena visto, è l’aumento degli acquisti sui titoli di Stato USA a 10 anni. 

In questo modo, un portafoglio bilanciato vede la presenza contemporanea di azioni e Treasury USA a 10 anni. 

Ma come abbiamo visto, oggi il titolo decennale USA non è così conveniente rispetto ai titoli a breve termine, che, tra l’altro, con gli attuali rendimenti, danno una migliore copertura contro l’inflazione e sono meno volatili. 

Rendimenti delle obbligazioni: come funzionano?

Proprio come in ogni altro asset finanziario, ci sono dei compromessi da accettare nelle varie durate obbligazionarie:

  • le obbligazioni a breve termine soffriranno sempre meno in caso di rialzo tassi, ma cresceranno meno in caso di ribasso
  • le obbligazioni con scadenze più lunghe subiranno cali maggiori quando i tassi si alzano (come nel 2022), ma avranno un effetto boost sul prezzo quando i tassi caleranno.

È anche vero che un ribasso sulle obbligazioni come quello sperimentato nel 2022 è un valore anomalo nella storia e difficilmente si ripeterà. 

I rendimenti obbligazionari, infatti, dovrebbero arrivare vicini allo zero per poi tornare in breve tempo al 5%; uno scenario decisamente poco probabile.

Una cosa è certa: i rendimenti attuali delle obbligazioni le rendono molto più attraenti rispetto a un anno fa. Forse non sono sufficienti a proteggersi dall’inflazione del 2023, ma molto probabilmente lo saranno per difendersi dall’inflazione media dei prossimi anni.

Come gestire le obbligazioni?

La buona notizia per gli investitori è che non è necessario scegliere tra obbligazioni a breve o lungo termine.

In portafoglio si possono avere entrambe le scadenze, senza scendere a compromessi. Così da sfruttare le obbligazioni per:

  • remunerare la liquidità a breve termine
  • proteggersi da una recessione.

Il 2022 per il mercato obbligazionario è stata un’anomalia che ha visto un movimento mai accaduto prima nella storia, ma questo non deve confonderci: le obbligazioni rimangono un asset in grado di ridurre la volatilità dei portafogli.

La diversificazione, come in tutte le cose, ti aiuta a prepararti per un’ampia gamma di risultati ed evenienze.

Vuoi scoprire come le obbligazioni possono lavorare per il tuo portafoglio? Sarò felice di rispondere a tutte le tue curiosità.