Dopo aver riscoperto un livello di inflazione come non si vedeva da quasi 30 anni, ora il nuovo scenario che mette un po’ di ansia ai mercati è quello della stagflazione.
Il mondo ha sperimentato questo particolare contesto economico negli anni ’70, quando i paesi dell’OPEC fecero salire il prezzo del petrolio del 70% a seguito della guerra del Kippur, come ritorsione nei confronti dei Paesi occidentali sostenitori dello stato di Israele.
Oggi siamo in presenza di uno scenario simile.
Il prezzo delle materie prime è cresciuto di colpo negli ultimi mesi e le banche centrali di tutto il mondo hanno immesso una montagna di liquidità per risollevare le economie dai disastrosi effetti della pandemia.
Cos’è la stagflazione?
In economia, con il termine stagflazione (combinazione dei termini stagnazione ed inflazione) si indica la situazione nella quale sono contemporaneamente presenti, nello stesso mercato, sia un aumento generale dei prezzi (inflazione), sia una mancanza di crescita dell’economia.
Come prepararsi alla stagflazione?
Larry Summers (economista e accademico statunitense ) è noto per essere una persona costantemente preoccupata per le cose che possono accadere in futuro.
Ecco la sua recente interpretazione: “È probabile che l’attuale traiettoria politica della Fed porti alla stagflazione, con una disoccupazione e un’inflazione medie che supereranno in media il 5% nei prossimi anni e, infine, a una grave recessione”.
Le banche centrali sono intrappolate in questo momento:
- da un lato devono alzare i tassi per contrastare l’inflazione
- dall’altro devono stare attente a non creare problemi alle economie.
Va anche detto che questo è un problema soprattutto europeo, considerato che negli USA la crescita economica è forte e stabile, con una disoccupazione ai minimi storici.
Quindi Larry Summers, e tutti quelli che la pensano come lui, potrebbero avere ragione.
È possibile che quest’anno la FED, e nel 2023 la BCE, aumentino i tassi di interesse pur facendo rallentare un po’ la crescita economica. Ma è anche vero che l’inflazione potrebbe non essere intaccata da tassi di interesse più elevati, considerato che questa inflazione non nasce da un aumento dei consumi, bensì da una carenza di offerta e dal persistente aumento delle materie prime.
Rischio stagflazione: un confronto con gli anni ‘70
Per orientarci nel capire come prepararci alla stagflazione, andiamo a vedere cosa è successo negli anni ‘70.
Il tasso di inflazione è stato ostinatamente alto per la maggior parte di quel decennio, con punte superiori al 10% in diversi momenti.
La più grande differenza tra allora e oggi sono i tassi di interesse. Prendiamo il titolo di stato USA, il Treasury a 10 anni:
- negli anni ’70, il rendimento non è mai sceso al di sotto del 5,3%, con una media di quasi l’8% in quel decennio e livelli a due cifre negli anni ’80
- oggi, il tasso è del 2,5%, nemmeno minimamente vicino a quei livelli.
Gli Stati Uniti iniziarono quel difficile decennio già in recessione, e questo probabilmente non ha aiutato con l’inflazione.
Quando nel 1979 la FED aumentò i tassi fino a quasi il 18%, era già troppo tardi.
La stagflazione negli anni ‘70
Quello che è accaduto negli anni ‘70 è un dato di fatto. Ma cosa funzionava nei mercati negli anni ’70?
Le materie prime
- L’indice delle materie prime è cresciuto di oltre il 20% all’anno negli anni ‘70
- Il petrolio è balzato di oltre l’800%
- I titoli energetici sono aumentati di oltre il 70%
- L’oro è salito di quasi il 1.000% in totale
Il mercato azionario
Gli anni ’70 sono in realtà uno dei migliori decenni di sempre in termini di crescita degli utili. Ciò ha senso, se si considera che le società tendono ad aumentare i prezzi in un ambiente inflazionistico.
Insomma, il mercato statunitense nel suo insieme ha fatto meglio di quanto si pensi: l’S&P 500 è aumentato del 78% in totale (circa il 6% all’anno).
Non è male, finché non si tiene conto che l’inflazione è aumentata del 7% all’anno, il che significa che i rendimenti reali sono stati negativi.
I titoli value
Un altro aspetto che vale la pena notare è che i titoli value hanno avuto la loro sovraperformance più alta, rispetto ai titoli growth, negli anni ’40 e ’70.
Proprio gli anni ’40 e ’70, guarda caso, sono quelli con i tassi di inflazione più alti di tutti i decenni a partire dagli anni ’30.
Anche in questo inizio 2022 i titoli value stanno già sovraperformando quelli growth.
Questa relazione reggerà? Non possiamo dirlo con certezza, ma da un punto di vista teorico ha senso pensare che questo trend proseguirà finché l’inflazione rimarrà elevata.
Stagflazione: prospettive per il 2022
Come sottolineo spesso, nessuno di noi può prevedere il futuro. Non possiamo dire se davvero ci ritroveremo a vivere un periodo di stagflazione.
Possiamo solo dire che oggi il rischio di stagflazione sembra essere elevato rispetto a prima della pandemia.
Fintanto che l’inflazione rimarrà elevata, se gli investimenti in materie prime sono molto volatili e potenzialmente pericolosi, una buona soluzione è data da un parziale aggiustamento del portafoglio sovrappesando l’azionario, in particolare quello value.
Per l’investitore di lungo periodo questa condizione non deve essere una preoccupazione. Come è accaduto negli anni ’70, prima o poi, passerà anche la stagflazione, dando vita a un’epoca di prosperità per economie e mercati.